Il frutto avvelenato dei NeoCon

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«Ve l’avevo detto».
Sembra incredibile, alla luce del personaggio (passato per “ottuso”) e di tutte le analisi ritenute errate dell’epoca NeoCon conclusasi nel 2008 con l’arrivo alla Casa Bianca di Barack Obama. Ma oggi «ve l’avevo detto» è proprio ciò che George Dabliu Bush potrebbe rinfacciare a tutto l’establishment statunitense. E a tutti coloro che rimproverano ai NeoCon il dispendio di vite umane, di montagne di dollari e di risorse nelle guerre “ad arraffare petrolio con le bombe” sotto la copertura della “esportazione di democrazia” in giro per il mondo.
Il piano guerrafondaio NeoCon è sopravvissuto all’amministrazione Bush: ha piantato fondamenta solide nel nostro futuro a lungo termine, radici che non sarà affatto facile estirpare.

Che la visione NeoCon fosse così solida — e che i piani elaborati dagli ideologi neoconservatori fossero così imperituri — si comprende solo oggi, scavando negli archivi degli ultimi discorsi di G.W. Bush.
Nell’estate del 2007, Bush avvertì delle conseguenze catastrofiche di un eventuale ritiro delle truppe americane dall’Iraq contro il parere dei comandanti sul campo. Una grossa fetta della torta del potere a Washington in quel momento stava dicendo a Bush che l’escalation che aveva lanciato sarebbe fallita, e che era arrivato il momento di ritirare le truppe e accettare la sconfitta. In una conferenza stampa alla Casa Bianca il 12 luglio 2007, Bush disse:

«Conosco qualcuno a Washington che vorrebbe che iniziassimo a lasciare l’Iraq adesso. Cominciare il ritiro prima che i nostri comandanti ci dicano che siamo pronti sarebbe pericoloso per l’Iraq, per la regione e per gli Stati Uniti. Significherebbe abbandonare il futuro dell’Iraq ad al’Qāida. Significherebbe rischiare massacri di dimensioni orribili. Significherebbe permettere ai terroristi di ottenere un rifugio sicuro in Iraq, per rimpiazzare quello che hanno perso in Afghanistan. Significherebbe aumentare le probabilità che le truppe americane debbano tornare in Iraq, in un momento successivo, per affrontare un nemico addirittura più pericoloso».

Nel 2010 Obama fece esattamente quello che Bush aveva avvertito di non fare: ritirò tutti i soldati americani dall’Iraq contro il parere del comandante sul campo, il generale Lloyd J. Austin III, che aveva consigliato a Obama di tenere sul posto 24.000 soldati. Da allora, tutto quello che Bush (e i NeoCon dietro di lui) aveva detto sarebbe successo è accaduto.

«Ritirarsi contro il parere dei nostri ufficiali militari sul campo provocherebbe massacri di dimensioni orribili».
Vero. Oggi assistiamo a “massacri di dimensioni orribili”: esecuzioni sommarie, donne e bambini sepolti vivi, persone crocifisse, il tentato genocidio degli Yazidi e la decapitazione di due giornalisti americani.
«Il ritiro permetterà ai terroristi di ottenere un rifugio sicuro in Iraq per rimpiazzare quello che hanno perso in Afghanistan».
Vero. Lo Stato Islamico/ISIS, a settembre 2014, controlla un rifugio sicuro grande quanto il Belgio.
«Ritirarsi troppo presto significherebbe aumentare le probabilità che le truppe americane debbano tornare in Iraq, in un momento successivo, per affrontare un nemico addirittura più pericoloso».
Vero. Lo Stato Islamico/ISIS è molto più pericoloso ora, gli Stati Uniti sono di nuovo lì a bombardare l’Iraq e Obama ha appena esposto la strategia “per distruggere l’IS”.

E non è tutto. Il 14 luglio 2007, alla radio, Bush avvertì anche che il ritiro dei soldati americani avrebbe permesso ai terroristi di «ottenere il controllo di vaste risorse petrolifere, che potrebbero usare per finanziare nuovi attacchi all’America».
Vero. L’ISIS ora controlla vaste risorse petrolifere, che gli rendono qualcosa come 3 milioni di dollari al giorno, secondo le stime, e lo aiutano a diventare “la più efficiente e ricca organizzazione terroristica al mondo”.
In un successivo discorso dallo studio ovale Bush aveva messo in guardia del fatto che «l’Iran potrebbe trarre vantaggio dal caos» dopo il ritiro dall’Iraq.
Vero anche questo. Nella prima decade di questo settembre gli USA hanno garantito copertura aerea per combattenti sciiti sostenuti dall’Iran mentre riconquistavano la città di Amerli: il che significa che ora di fatto gli USA sono la forza aerea degli stessi combattenti sostenuti dall’Iran, responsabili di molte morti tra gli americani in Iraq.
Ancora. Il 24 aprile 2007, in una conferenza stampa, G.W. Bush disse che il ritiro americano «potrebbe scatenare in Iraq un caos tale da diffondersi in tutta la regione».
È ancora una volta vero. Dopo che gli Stati Uniti si sono ritirati dall’Iraq, lo Stato Islamico/ISIS si è spostato in Siria uccidendo migliaia di persone e usando il Paese come punto d’appoggio per reclutare jihadisti e pianificare la sua nuova invasione dell’Iraq.

Barack Obama sembrava aver inaugurato una nuova epoca. Un ridimensionamento dell’Imperialismo americano, sublimato nella memorabile frase durante il discorso di insediamento: «Una pace durevole non richiede una guerra perenne». Che gli aveva fruttato anche un (prematuro) Nobel per la Pace.
Invece Obama è oggi costretto — e con lui tutti noi, “l’Occidente” — a subire suo malgrado l’eredità indigesta della politica NeoCon, con annesso infausto teorema dello “scontro di civiltà”. Un albero dai frutti avvelenati, ancora capace di proiettare lunghe ombre (l’11 settembre, Bin Laden, le armi di Saddam), che fruttifica e continuerà a fruttificare ben oltre l’insediamento al potere dei NeoCon stessi.

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