Gli apparatčik

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Ma diciamola una volta per tutte, la verità sul PD: perché, malgrado l’evidente, costante incapacità di dotarsi di un’identità politica, da parte di questo partito, e tutti i guai combinati negli ultimi anni — due su tutti, l’attitudine (unica al mondo) a perdere elezioni già vinte, e l’appoggio quasi incondizionato al presunto ‘nemico’ Berlsuconi —, le (poche) persone realmente valide al suo interno non se ne distaccano per fondare qualcosa di realmente nuovo, di propriamente “di sinistra”, qualcosa che funga da collante verso un certo modo di intendere la società e che quindi attragga a sé tutte le forze pienamente progressiste del Paese? Perché i Civati, i Rodotà, le Puppato — ma storicamente anche il primo, visionario Veltroni — non abbandonano questo battello ebbro incapace di segnare qualsiasi tipo di rotta?

Quando si pone ai Civati e ai Rodotà la domanda «perché non ve ne andate dal coacervo inconcludente del PD?», la risposta è sempre uguale: tutto quello che gli ultimi mohicani hanno a cuore si può fare solo «rovesciando il PD dall’interno», perché «di piccole etichette a sinistra ne abbiamo già viste molte, abbiamo apprezzato albe radiose e vertiginosi tramonti», perché «il trentasettesimo “partitino di sinistra” partirebbe con la zavorra dei trentasei che l’hanno preceduto deflagrando».

Non è vero: questa è una comoda e ipocrita maschera!
La verità è che non se ne vanno, vogliono “rovesciarlo dall’interno”, il partito, perché il PD già PDS già DS già PCI è un APPARATO. Uno Stato nello Stato. Una gigantesca e oliata macchina da guerra, senza uguali in Italia, incardinata sul territorio in modo capillare con decine di migliaia di sezioni regionali, provinciali, cittadine, di quartiere, rionali, poco ci manca anche condominiali. Un mostro degno del PCUS sovietico — e in effetti edificato fin da allora —, che ha mantenuto quasi intatta la sua elefantiaca ma efficientissima (in caso di elezioni) capacità organizzativa e collazionativa.

Andarsene dal PD significa perdere tutto questo. E nessuno di loro — i Civati, i Rodotà e gli altri “ultimi mohicani” — ha intenzione di rinunciare ai VANTAGGI di un tale ordigno politico radicato dentro il Paese.
Quindi il vero motivo per cui non se ne vanno da un partito che dicono di odiare, di non sopportare, è meramente utilitaristico. Alla fine anche loro, quello che realmente vogliono, è il Potere. Altroché!


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