Secondo round dei colloqui “in streaming” fra i leader del Movimento 5 Stelle e membri dell’establishment politico di lungo corso. Il presidente del consiglio incaricato, Enrico Letta, vicesegretario dello stesso partito del primo round (il PD), “vendica” il segretario Bersani, nel frattempo dimissionario, trasformando lo streaming in un “salotto di Vespa”: eloquenza forbita, generalismi, retorica dell’emergenza nazionale, tutto ben miscelato con accenni di programma politico. E, soprattutto, un tentativo di riposizionare al ribasso il M5S — tentativo ben riuscito, grazie all’inesperienza dei suoi interlocutori: tra i passaggi topici, la replica di Letta all’ingenuo invito-autogol di Crimi a «consultare la base» per scegliere i candidati alle cariche istituzionali: «Non potete dirlo a noi, siamo il partito delle primarie. Rodotà, vostro candidato al Quirinale, è stato votato da 4.677 persone, solo per le primarie del PD per il sindaco di Roma hanno votato in 50.000».
Certo, stavolta le cose erano un po’ diverse: Letta non doveva chiedere nulla o quasi, Bersani chiedeva la fiducia. Ma il risultato è stato ugualmente “politico”: chi ha assistito alla diretta ha avuto la netta impressione che i portavoce del M5S (presentatisi addirittura in otto) fossero in seria difficoltà, non sapessero cosa rispondere, si rifugiassero nel politichese, s’impantanassero in formule astratte. In una sola parola: inadeguati.
Illuminante il commento del Corriere della Sera: «Una giornata nera per la Grillo & Casaleggio Associati. Enrico Letta, i grillini, se li è mangiati in un solo boccone. Sembrava il giovane cattedratico che interroga i fuori corso e usa l’esame per spiegare ancora una volta, con santa pazienza, il programma del corso. I ripetenti implorano il diciotto politico e il professore, per bontà, glielo concede, non prima di avergli chiarito per l’ennesima volta come funziona l’università: bisogna studiare».
Da buon ex-democristiano, con consumata arte oratoria e dimostrando di avere imparato la lezione, Letta stavolta affronta i ‘grillini’ senza le incertezze di Bersani e tenta di chiuderli in un angolo. Riuscendovi. L’uso sapiente dello slogan «scongelatevi», ripetuto in 5 o 6 occasioni durante l’ora scarsa di colloqui, i 21 minuti consecutivi iniziali di discorso con una grandinata di politichese nulla senza lasciare spazio a repliche, più altri passaggi ben congegnati, dimostrano che il vicesegretario PD ha non solo studiato la lezione precedente, imparando dagli errori (silenzi, pause, frasi non finite, la mancata reazione al ridicolo de «Ci sembra di essere a Ballarò», un complessivo senso di umiliazione) del suo predecessore Bersani, ma è passato al contrattacco con un acume politico ed espressivo che farebbe impallidire gli spin-doctors dei duelli-tv americani.
Nella supercazzola democristiana (parlare e parlare senza dire nulla) del resto nessuno lo batte. Quando si trova in difficoltà (su Rodotà), dice ai due harakiri-5-stelle che «dovevate votare Prodi». Sarebbe bastato rispondere: «Prodi non l’avete votato neanche voi, forse neanche lei. Con quale faccia incolpate noi?». Ma Crimi e Lombardi non l’hanno detto. Come nulla o quasi hanno detto su conflitto di interessi, leggi ad personam, franchi tiratori, incoerenza sul no-inciucio. Si potrebbe anche dire che Letta jr. ha vinto “per mancanza di avversari”. Esattamente come avviene in luoghi come “Porta a Porta”, dove tutto è defibrillato e ovattato e camomillizzato. Una televendita.
Ed è proprio qui il punto che va sottolineato.
Il boomerang Cinquestelle di questo secondo “streaming” minaccia di trasformare lo strumento democratico della diretta internet in una versione online di quel “Ballarò” — e degli altri show similari — che proprio Grillo e i suoi aborriscono a un livello tale da causare le ben note, polemiche espulsioni dal movimento. Se i politici di lungo corso sono lasciati liberi di scorribandare con le tecniche dialettiche usate da decenni in tv, in che cosa consiste più la differenza con la stessa televisione?
I Cinquestelle hanno perso il controllo della Rete? Dimostrano di non saper padroneggiare il mezzo che tanto osannano? O piuttosto le volpi della «vecchia politica» stanno imparando a usare le stesse armi dell’«antipolitica»? Quale che sia la spiegazione, lasciar trasformare il web in una (pallida) versione dei salotti televisivi è un rischio concreto. Probabilmente Grillo e i suoi devono fare una seria riflessione: non basta “essere in streaming”, per affrontare le performance live ci vogliono comunque persone con le palle.
Il perdurante «nulla in streaming» dei Crimi e Lombardi, con tutto il rispetto umano per entrambi, finisce per dare solo un’impressione di velleitarismo degli inetti. E agli occhi della — esecrabile espressione, ma base della democrazia — “opinione pubblica” finisce conseguentemente col disfare quell’immenso potenziale di novità e aria fresca introdotto dal Movimento 5 Stelle. Portando con sé un risultato ancor più drammatico (almeno nel nostro Paese), molto più importante del destino dei Cinquestelle: la delegittimazione della Rete.
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