Che fine ha fatto il Rock

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Da un po’ di anni mi chiedo come sia successo che “il Rock è morto”, come mai non vengano più fuori artisti come Beatles, Pink Floyd, Led Zeppelin, Genesis, Jimi Hendrix, Who, Yes, Doors, Traffic, Cream…
Fra le due estati a cavallo fra 1969 e 1970 sono uscite opere come Abbey Road, Ummagumma, Tommy, Led Zeppelin II e III, In the court of the Crimson King, Happy trails, Hot rats, Homburg, Blood Sweat & Tears, Befour, Soft Machine II e III, Paranoid, Tea for the tillerman, Déjà vu, If I could only remember my name, Layla, Trespass, Live Dead, Electric Ladyland, Mad dogs & englishmen, Lizard, Emozioni, After the goldrush, The end of the game, Atom heart mother, Abraxas, Bridge over troubled water, Twelve dreams of dr. Sardonicus, Moondance, Yes album.
Nei 14 (quattordici!) anni dal 2000 a oggi, tolta qualche rarissima perla (Kid A e Amnesiac dei Radiohead, A rush of blood to the head dei Coldplay) non è uscito un solo album degno di essere “tramandato ai posteri”.

Oggi finalmente credo di aver trovato una risposta convincente: è una questione di dove vengano spese le migliori energie delle nuove generazioni.

C’è stato un tempo in cui “la meglio gioventù” veniva attratta da un ideale libertario e rivoluzionario costituito dall’Arte e dalle sue forme più innovative: dalla Letteratura per la ‘beat generation’ dell’immediato dopoguerra via via fino alla Musica Pop e alla sua maturazione ed esplosione nella stagione della Swinging London, del mitico 1968, degli hippies. L’ondata di Rock meraviglioso e irripetibile sprigionatasi negli Anni Sessanta (ed esauritasi all’incirca a metà Anni Novanta) fu dovuta alla sua irresistibile attrazione creativa per chiunque avesse 16, 18, 20 anni.

Nel 1967 un diciotto-ventenne imbracciava una chitarra, chiamava due amici e fondava i Doors. Nel XXI Secolo prende un pc, apre con due soci una start-up e fonda Facebook.
Ieri spendeva le sue migliori energie nella musica, oggi le spende nell’informatica. Ieri scriveva “Selling England by the Pound” e “Ummagumma”, oggi scrive il codice di una app o di un sito web.
Se James Marshall Hendrix fosse nato nel 1992 e non nel 1942, oggi le sue dita non brucerebbero alla velocità del suono la tastiera in acero e palissandro di una Stratocaster ma la tastiera wireless e qwerty di un iMac.

Le “migliori energie” provenienti dalle nuove generazioni sono ancora in circolazione. È solo che sono concentrate in un altro posto. È per questo che “il Rock è morto”: è come un lago che s’è asciugato perché non c’è più il fiume che lo alimentava.
Sono sicuro, però, che il Rock fosse un affare migliore. Almeno da un punto di vista dell’immortalità della fama, indice di un qualcosa dal valore non effimero. Oggi cantiamo ancora «C’mon baby, light my fire» o «The answer is blowing in the wind». Atari o il Commodore 64 invece hanno già chiuso i battenti senza lasciar dietro alcun ricordo imperituro.


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