Rinascimento satirico

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Nell’Italia dei social network sta accadendo un fenomeno curioso che non ha paragoni da nessun’altra parte nel mondo.
Guardiamo le bacheche: milioni di persone, letteralmente, si sono trasformate in AUTORI SATIRICI. Ridiamo di tutto e di tutti. Forse è perché non c’è rimasto altro da fare, in un clima di declino da “fine impero”, preludio alla barbarie, che collettivamente ci ricorda molto da vicino tanti crolli passati (un solo esempio: il glorioso Impero Romano). O forse è perché sta accadendo dell’altro?

Il Monti dello spread visto dalla matita del Mangla

L’ultima volta che collettivamente abbiamo fatto una cosa del genere è stato all’inizio di un’autentica rinascita.
Lo facemmo con la decima arte, il Cinema. La letteratura cinematografica dell’immediato dopoguerra si trasformò lentamente ma inesorabilmente in un’unica sferzante satira che aveva come bersaglio fisso l’«italiano medio», quel “borghese piccolo piccolo” privo di spina dorsale un po’ mammone, un po’ cinico, un po’ imbroglione nonché arrogante, servile, fanfarone, perfido, querulo, spaccone, bugiardo, egoista — e soprattutto senza scrupoli — che ha finito per costituire lo stereotipo umano dell’«italianità» moderna (purtroppo incarnato perfino da un capo di governo).
Quale Paese al mondo è stato altrettanto denudato e psicanalizzato?, ha subìto processi così capillari e martellanti? Nessuno. Tra la fine degli anni Quaranta e la fine degli anni Settanta ci siamo dati una montagna di schiaffi in faccia, dal Fellini dei “Vitelloni” al Monicelli di “Amici miei”, passando per le interpretazioni di Totò, Vittorio Gassman, Alberto Sordi, Ugo Tognazzi, avendo come base di partenza le storie disperate del Neorealismo come “La terra trema”, “Ladri di biciclette”, “Sciuscià”, “Umberto D”, “Roma città aperta”, “Riso amaro”.
(Andando ancora più indietro nel tempo possiamo notare che questo vizio di “rinascere con l’arte” ce lo abbiamo nel dna: l’Umanesimo e il Rinascimento degli italianissimi Pico della Mirandola, Marsilio Ficino, Michelangelo, Raffaello, riportarono alla luce il mondo intero dopo i secoli bui del Medioevo. Solo che allora non ridemmo tanto quanto dal Novecento in poi.)

Sta accadendo di nuovo?
Facciamoci caso: finita la Seconda Guerra Mondiale, col Paese a pezzi, noi, da sempre maestri dell’Arte, ci impadronimmo dell’ultima arte arrivata — il Cinema, che era anche il primo mass-medium — e con il Neorealismo prima e l’avanspettacolo trasposto in fotogrammi poi, piangemmo-e-ridemmo a crepapelle di noi stessi talmente tanto che costruimmo la “sesta potenza” mondiale partendo praticamente da zero. Quella psicanalisi artistica di massa in pratica ci consentì di resistere all’immane fatica di costruire un miracolo di benessere dal niente: senza quelle risate ci saremmo spezzati.
Oggi sta accadendo lo stesso? Ci siamo impossessati dell’ultima “arte di massa” arrivata (i social network) e a forza di… riso amaro stiamo costruendo il preludio di un altro rinascimento?

È un segno o solo un caso, che la forza “politica” del momento sia un movimento capeggiato da un ex-comico?
Potrebbe non essere un caso.
(Oppure potrebbe trattarsi, malauguratamente, del mio solito inguaribile romanticismo?…)

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