Il web “2.0”, pur in mezzo a tante distorsioni e inattendibilità, ha lanciato un nuovo tipo di intellettuale, l’«internettuale».
(Una figura nella quale io, pur nel mio piccolo, mi riconosco molto — ed è per questo che ho chiamato proprio così il mio blog.)
Appartenente, come ogni intellettuale che si rispetti, a quella élite formata da individui di diversa classe sociale accomunati da una cultura o un’istruzione superiori — accademici, artisti, giuristi, scrittori, professionisti —, i quali godono della altrui stima e sono considerati depositari di valori culturali universali che trascendono gli interessi particolari e i pregiudizi partigiani, l’«internettuale» è una persona che non deve attingere immediatamente ed esclusivamente al proprio “sapere intrinseco”, ossia alla propria cultura, a ciò che “è contenuto nel cervello” ed è stato assimilato, imparato, digerito nel corso dell’esistenza. Al contrario, l’«internettuale» è un individuo che ha il tempo di dilatare la sua conoscenza, diventando capace di intervenire anche laddove non ha padronanza d’argomento o di settore: perché è connesso all’intero scibile, grazie alla Rete e alle sue potenzialità — i motori di ricerca, le wikipedie, i portali tematici. L’«internettuale», che se ne sta (rilassato) dietro uno schermo e una tastiera — in attesa che anche schermo e tastiera diventino qualcosa di più, con gli studi ergonomici che stanno per trasformarli in estensioni del corpo —, può discutere di Economia e di Cucina, di Finanza e Politica internazionale, di Bioetica e di Ingegneria: perché al contrario di ciò che avviene nell’intervento dal vivo (ma anche nelle chat), ove qualunque capacità oratoria deve comunque fare i conti con ciò che l’individuo “sa”, ha il tempo di ‘infarinarsi’ su qualsiasi argomento e maturare un’opinione in proposito.
In questo senso, Internet ha davvero “liberato” un potenziale di crescita senza limiti, e — a saperla cogliere — anche una ricchezza intellettuale senza precedenti: il cervello umano non ha più l’onere dell’«immagazzinamento», della memoria; i dati sono “attivabili quando servono”, e con la connettività senza fili, questo può avvenire in qualunque situazione e in qualunque posto. L’infinito e l’eterno sono entrati nel Tempo e nello Spazio.
Anche la Letteratura si è resa conto (e con 15 anni di anticipo) di quanto stava avvenendo: già intorno al 1990 il genere “cyberpunk” sostituì la “fantascienza” nelle preferenze di lettura. La sostanziale differenza operata dalla sostituzione nell’immaginario collettivo dell’occidente industrializzato del mito dello spazio interplanetario (si pensi a Star Trek o ad Alien o alla trilogia di Asimov) con quello informatico (William Gibson docet) è il mutamento del concetto di temporalità: non più una verticalizzazione del tempo, un suo scorrere inesorabile verso il Futuro, ma una dimensione orizzontale di sincronicità, con la moltiplicazione esasperata dei Presenti. La rivoluzione del cyberspazio non è rappresentata dal superamento delle barriere fisiche, perché le droghe psicoacceleratrici possono già farlo efficacemente fin dai tempi della cultura beat; la novità concreta sta nella possibilità di poter portare con sé tutta la propria identità in comunione con quella di altri, e di arricchire — potenzialmente all’infinito — questa identità con tutto il Sapere Umano, che strumenti come Google hanno reso realmente alla portata di tutti.
È inevitabile, ed è solo questione (qui sì!) di tempo, che accanto alle “disquisizioni su qualunque argomento” rese possibili dalla onniscienza della Rete, compaiano anche indagini… sull’indagine in sé, e sui massimi sistemi. Indagare sul senso del mondo e dell’esistenza umana, studiare e definire le possibilità e i limiti della conoscenza, «scoprire le relazioni e i concatenazioni fra le scienze, riassumere possibilmente tutti i loro principi propri nel minor numero di principi comuni» (Comte). Insomma, la Filosofia. La “scienza della scienza”, che col finire dell’Ottocento sembrava morta e sepolta.
La strada è perciò tracciata: la rinascita del Pensiero — quello nobile — è alle porte, con rinnovati strumenti a disposizione del pensatore. Attendiamo che i nuovi Cartesio, Aristotele, Kant e Hobbes elargiscano preziosi bytes saltando fuori dal brodo primordiale della blogosfera o dal fango virale e autoreplicante di un social media — o di chissà cos’altro.
(Sono un “inguaribile sognatore”?)
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