
E così, lentamente ma inesorabilmente, un’orribile verità sta venendo a galla grazie alle rivelazioni di un pentito di ‘Ndrangheta e alle faticose indagini di un pm: la Calabria — e i suoi mari, e i suoi monti — è la discarica “legale” dei rifiuti tossici di mezzo mondo, non solo aziende ma anche “cose pubbliche” come l’ENEA e l’ENI.
Da 20 anni e oltre, le industrie che si devono disfare di veleni, scorie, rifiuti tossici di ogni genere, si rivolgono ad apparati dello Stato; alcuni politici — anche di spicco — fungono da intermediari con i servizi segreti, i quali incaricano la malavita e i boss mafiosi, i quali a loro volta s’incaricano di sbrigare il lavoro sporco (affondare “navi-carretta” a pochi kilometri dalle coste della Somalia o direttamente del Mediterraneo, oppure interrare il contenuto di interi TIR in greti di torrente o cave abbandonate del Pollino, dell’Aspromonte e di chissà quale altra zona).
Le aziende risparmiano sui costi; i politici intascano lauti compensi sottobanco; gli ufficiali dei servizi segreti una congrua mazzetta; i boss della ‘Ndrangheta montagne di denaro. E i Calabresi muoiono di cancro.
«Basta essere furbi, aspettare delle giornate di mare giusto, e chi vuoi che se ne accorga?». «E il mare? Che ne sarà del mare della zona se l’ammorbiamo?». «Ma sai quanto ce ne fottiamo del mare? Pensa ai soldi, che con quelli, il mare andiamo a trovarcelo da un’altra parte…». Dialogo tra due boss della ‘Ndrangheta contenuto nel fascicolo del pm Cisterna: ogni commento è superfluo, su questa gente, che alcuni ancora si ostinano a definire “uomini d’onore”…
Non so se è chiaro il concetto… Lo ripeto, perché è di una gravità inaudita, peggio del Watergate o di Enron o di qualunque altro scandalo che si sia mai visto: le industrie che volevano smaltire rifiuti tossici a basso costo si rivolgevano al governo italiano, che chiamava i servizi segreti, i quali chiamavano i vari boss, i quali compravano navi da affondare con dentro i rifiuti; questi ultimi, siccome il Mar Rosso era distante, trovavano più conveniente cagare la loro merda nei nostri mari. Un centinaio di navi affondate in tutto il Mediterraneo in 20 anni. La giornalista Ilaria Alpi e l’ufficiale Natale De Grazia avevano scoperto tutto e sono stati assassinati.
È questo il motivo per cui lo Stato chiamato Italia non ha mai combattuto seriamente le mafie?, i boss e le loro manovalanze fanno “il lavoro sporco” per il governo?
UN ELENCO DI AFFONDAMENTI VOLONTARI, NAVI CHE SPARISCONO NEL NULLA SENZA LANCIARE IL MAYDAY…
Basta ricordare alcuni casi per avere un’idea di quello che è successo in questi anni.
Nel 1985, durante il viaggio da La Spezia a Lomè (Togo), sparisce la motonave Nikos I, probabilmente tra il Libano e Grecia. Sempre nel 1985 s’inabissa a largo di Ustica la nave tedesca Koraline. Nel 1986 è il turno della Mikigan, partita dal porto di Marina di Carrara e affondata nel Tirreno Calabrese con il suo carico sospetto. Nel 1987 a 20 miglia da Capo Spartivento, in Calabria, naufraga la Rigel. Nel 1989 la motonave maltese Anni affonda a largo di Ravenna in acque internazionali. Nel 1990 è il turno della Jolly Rosso a spiaggiarsi lungo la costa tirrenica in provincia di Cosenza. Nel 1993 la Marco Polo sparisce nel Canale di Sicilia.
Fino agli anni Novanta c’era addirittura chi teorizzava pubblicamente la sepoltura in mare dei rifiuti radioattivi: la ODM (Oceanic Disposal Management, “gestione di depositi sottomarini”) di Giorgio Comerio si presentava su Internet offrendo i suoi servigi di “affondamento su commissione”. Era già in vigore la Convenzione di Londra che vieta espressamente lo scarico in mare di rifiuti radioattivi, ma la ODM, che operava dal 1987, sosteneva che non si trattava di scarico “in” mare ma “sotto” il mare perché la tecnica proposta consisteva nell’uso di una sorta di siluri d’acciaio di profondità che, grazie al loro peso e alla velocità acquisita durante la discesa, s’inabissano all’interno degli strati argillosi del fondo marino penetrando a una profondità di 40-50 metri… Allucinante! Questi si facevano pubblicità sul web!
Comerio contattava i governi della Sierra Leone, del Sudafrica, dell’Austria. Proponeva affari anche al governo somalo: 5 milioni di dollari per poter inabissare rifiuti radioattivi di fronte alla costa e 10 mila euro di tangente al capo della fazione vincente dell’epoca, Ali Mahdi, per ogni missile inabissato. Pagamento estero su estero, s’intende. A provarlo ci sono i fax spediti da Comerio nell’autunno del 1994 al plenipotenziario di Mahdi, Abdullahi Ahmed Afrah, e acquisiti dalla commissione di inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi.
La giornalista della Rai aveva scoperto il traffico e, cosa più pericolosa, la tangente?
Nel 2000 l’indagine iniziata dalla magistratura di Reggio Calabria nel 1994, dopo una denuncia della Legambiente sulla Rigel, fu archiviata, nonostante la gran mole di indizi, perché “mancava il corpo del reato”. Difficile del resto che le prove potessero emergere da sole visto che erano state seppellite con cura in una fossa del Mediterraneo.
Nel settembre 2009 però, grazie all’ostinazione della procura di Paola e dell’assessorato all’Ambiente della Regione, la “pistola fumante” è stata trovata: un piccolo robot è riuscito a fotografare il delitto sepolto a 487 metri di profondità, i bidoni della vergogna che spuntano dalla falla nella prua della Cunsky. Il teorema della prova irraggiungibile è crollato.

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